Ricordando Hemingway
(Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1963).
«Non prendere mai alla leggera l’amore. La verità è che la maggior parte della gente non ha mai avuto la fortuna di amar qualcuno.
Tu non l’avevi mai avuta sinora, questa fortuna, e ora ce l’hai.
Quello che tu e Maria avete, che duri solo oggi e una parte di domani, o duri tutta una lunga vita, è la cosa più importante che può capitare a un essere umano.
Ci saranno sempre persone che diranno che non esiste perché non possono averla. Ma io ti dico che è vero, che tu la possiedi e che sei fortunato». (E. Hemingway, Per chi suona la campana, traduzione di M. Napolitano Martone, Mondadori, Milano 2013).
Anche quest’anno per il 21 luglio gli amici di Festamobile ricordano mister Papa con una festa all’imbarcadero a Milano, dove batte la corrente del Golfo. Cibo, aperitivi e vino (fregola e cozze, catalana di astice, frittelle di lattuga di mare, mojito e Capri bianco) e un’edizione speciale destinata agli invitati. Auguri, Mr. Hemingway.
(Con un disegno di Reginald Marsh per il “New Yorker Magazine del 13 maggio 1950 e in compagnia di To have adnd have another. A Hemingway Cocktail Companion, di Philip Greene, Perigee Book, 2012).
Da mangiare
Fregola con le cozze
Catalana di astice americano
Catalana di pomodorini e gamberi argentini
Frittelle di insalata di mare
stuzzichini&altro
Da bere
Mojito (Rum Avana 3, acqua tonica, menta, lime, zucchero bianco – con raccomandazioni, but «I therefore offer it to you, dear reader, with a rather strong caveat. Here’s lookg up your address»).
Capri bianco (della Scala fenicia; un vino “eroico”, vendemmiato a mano — 50% Greco, 30% Falanghina, 20% Biancolella — arrivato in sede grazie al puntualissimo servizio di tannico.it).
Gli analcolici ci sono, ma non contano.
«– E che cosa vogliono bere?
– Che cosa vuoi, Figlia?
– Quello che vuoi tu.
– Capri bianco. Disse il colonnello. – Secco e molto freddo.
– È già pronto, disse il Gran Maestro.
– Ci stiamo divertendo, disse la ragazza. – Ci stiamo divertendo di nuovo e senza dispiaceri. Non è imponente, questa aragosta?
[…] Proprio in quel momento venne servito l’astice. Era tenero, con la particolare grazia sdrucciolevole di quel muscolo spasmodico che è la coda, e le tenaglie erano eccellenti; né troppo magro, né troppo grasso.
[…] – Per favore, bevi il tuo vino. Non l’hai ancora assaggiato.
– Lo assaggio adesso, disse il colonnello. Così fece ed era pallido e freddo come i vini di Grecia, però non resinoso, con un corpo pieno e piacevole come quello di Renata.
– Ti assomiglia molto.
– Sì. Lo so. Per questo ho voluto che tu lo assaggiassi».
(E. Hemingway, Di là dal fiume e tra gli alberi)
Di amore, matrimoni e altri legàmi
La festa di quest’anno è dedicata ad alcuni degli amori e dei matrimoni di Hemingway; anche il titolo della plaquette destinata ai partecipanti e agli amici è tratto da una lettera di E.H. a Marlene Dietrich, del 1950, che recita: «I can’t say how every time I ever put my arms around you I felt that I was home»; secondo un sondaggio inglese la frase è una delle più belle dichiarazioni d’amore (per lettera) di tutti i tempi.
Le lettere di Hemingway alla Dietrich, spedite tra il 1949 e il 1959, sono una scoperta piuttosto recente e sono state donate – una trentina che si sono aggiunte alle 31 già in possesso della Biblioteca – nel 2003 alla Kennedy Library di Boston da Maria Riva, figlia dell’attrice; poche altre sono state messe all’asta negli anni successivi dalla famiglia della Dietrich; la base di partenza per la vendita dell’ultima, a maggio 2017, è stata fissata a 20.000 dollari.
Quello tra Ernest e Marlene è stato un rapporto particolare: si erano conosciuti nel 1934, sul Piroscafo Ile de France che batteva la rotta New York-Le Havre; Hemingway racconta che «una sera, mentre eravamo a cena nel salone, apparve in cima alle scale questo incredibile spettacolo in bianco. Fece una pausa drammatica, poi prese a scendere lentamente. Tutti avevano smesso di mangiare. Arrivò al tavolo dov’era stata invitata, gli uomini scattarono in piedi, ma lei si mise a contare: dodici. Si scusò, ma disse che era davvero superstiziosa e che non avrebbe di certo fatto la tredicesima. Si voltò per andarsene quando io colsi al volo la mia grande occasione, la raggiunsi e mi offrii di fare il quattordicesimo».
Hemingway ebbe quattro mogli: nessuna di queste fu Marlene Dietrich (che tra l’altro gli fece conoscere Marta Gellorn, la sua terza, e ai due novelli sposi “prestò” il letto di nozze), ma i due non si sarebbero persi più fino alla morte di Mister Papa, nel 1963.
«L’ho amato immediatamente. Non ho mai smesso di amarlo. L’ho amato platonicamente. Dico questo perché l’amore che Ernest Hemingway e io sentivamo l’uno per l’altro è stato un amore eccezionale nel mondo in cui viviamo: un amore puro, assoluto. Un amore non attraversato da dubbi, un amore oltre l’orizzonte, oltre la tomba, anche se so per certo che ciò non esiste. Tuttavia i nostri sentimenti amorosi durarono parecchi anni, anche quando non restavano più speranze per nessuno, né desideri, né voti da esaudire, quando Hemingway sentiva ormai soltanto una disperazione profonda, la stessa che provavo io nel pensare a lui. Era la mia Rocca di Gibilterra, adorava questo soprannome».
(Marlene Dietrich, Marlene D., De Agostini, Novara 1985).
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